E fu così che il governo Draghi partorì il topolino!
Il PNRR tanto decantato come rivoluzione Verde alla fine paga come al solito lo scotto dell’assalto alla diligenza dei tanti portatori di INTERESSI che nulla hanno a che vedere con la cosiddetta transizione ecologica.
Un’occasione persa che diventerà nei prossimi anni l’emblema del fallimento di una politica che, ancora una volta, ha operato le proprie scelte valutando solo ed esclusivamente l’oggi, con una visione miope e che non allunga lo sguardo verso il futuro.
Ancora una volta ha prevalso l’egoismo del presente, negando di fatto che l’emergenza non è solo sanitaria, ma anche sociale e soprattutto ecologica.
Tante parole si sono spese in questi ultime mesi. Con tanta retorica pennellata di verde che oggi si scioglie come neve al sole e ci mostra fatti che dicono esattamente il contrario.
Gli ecologisti, quelli veri, e le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra ed anche la Lombardia paga un prezzo salatissimo.
Leggiamo infatti nel PNRR che proprio quelle misure necessarie per ridurre le emissioni di gas serra e gli inquinanti che provocano ogni anno in Lombardia diverse migliaia di morti vengono tagliate inspiegabilmente.
Così andando ad analizzare diversi punti da cui si evince la differenza tra il piano Conte ed il piano Draghi salta all’occhio come questi tagli servono semplicemente a finanziare progetti che nulla hanno a che vedere con le politiche di transizione ecologica, tanto da mettere in discussione anche il titolo del piano che così come viene proposto non ha nulla né di Rinascita né di Resilienza.
Ma vediamoli questi punti e immaginiamoci rileggendoli a capire come queste misure si tradurranno in Lombardia e quale sarà l’efficacia di questi provvedimenti sul nostro territorio.
- Fondi insufficienti al trasporto pubblico: sono previsti 240 km di nuova rete attrezzata suddivisa in: a) 11 km di metropolitane, 120 km di filobus, 85 km di tram e 15 km di funivie. Questi interventi che verranno distribuiti nelle maggiori città italiane, sono sufficienti solo per una città come Roma.
- Il Pnrr prevede l’acquisto di 53 nuovi treni regionali, il piano Conte prevedeva 80 nuovi treni. E’ un intervento inaccettabile per le scarse risorse investite: allo stato attuale in circolazione abbiamo 456 treni regionali di cui 256 treni diesel ancora circolanti.
- Su una flotta di 42.800 autobus circolanti in Italia il Pnrr ne prevede la sostituzione di 5.500 pari al 12,8% del totale: la flotta italiana di autobus per il trasporto pubblico presenta un’età media notevolmente superiore alle omologhe dell’UE ed è caratterizzata da un elevato consumo di carburante e da elevati costi operativi e di manutenzione.
- I percorsi ciclabili urbani passano da 1000 km della precedente proposta a 570 km mentre i percorsi ciclabili turistici da 1626 km della precedente proposta a 1200 km
- c’è una riduzione degli investimenti su energie rinnovabili, sono previsti 4,2 GW che e’ una potenza installata sufficiente solo per coprire meno di un anno di crescita per coprire i target europei
- l’efficienza energetica passa dai 7 mld del piano Conte a 2 mld del PNRR Draghi
- i fondi da destinare alla ricerca pubblica sono inconsistenti come invece richiesto con il piano Amaldi: L’Ex ministro Manfredi ne prevedeva 15 ora sono 4,5 mld di euro.
- ci sono grossi investimenti su Idrogeno ma non verde che consente a Eni e Snam di continuare ad avere un ruolo determinante: questione da chiarire se le reti idorgeno saranno allacciate alle attuali centrali di gas.
- nella filiera transizione e’ previsto il sito stoccaggio CO2 a Ravenna, progetto Eni, che serve per continuare a estrarre idrocarburi anche dopo il 2050.
- la parte su economia circolare è concentrata solo su gestione dei rifiuti e non un piano che coinvolga industrie e PMI con risorse limitate
- sulle reti idriche che perdono 100.000 litri al secondo c’è un investimento di soli 900 milioni di euro!! La nostra rete idrica perde il 41% e si vorrebbe intervenire su 25.000 km di rete di distribuzione idrica con 900 milioni di euro. L’acqua persa dalle nostre rete potrebbe dare da bere ad una popolazione di 40 milioni di persone.
- sulla rete fognaria e sulla depurazione delle acque reflue sono previsti solo 600 milioni di euro: l’Italia ha una condanna da parte della Corte di Giustizia europea perché in alcune zone del paese, Sicilia, Calabria, Puglia ecc) non depura le acque reflue.
- Le risorse destinate alla qualità dell’aria e la biodiversità attraverso la tutela delle aree verdi e marine sono 780 milioni per tutta Italia di cui 360 solo per la rinaturalizzazione dell’area del Po.
- Le risorse per il superbonus edilizio non sono sufficienti per arrivare al 31 dicembre 2023, mancano 12 miliardi.
- Il tema delle bonifiche dei siti inquinati è stato completamente dimenticato. Sei milioni di persone vivono in siti altamente inquinati come Taranto, Priolo, Gela, Milazzo, Brescia, Porto Torres, e altri territori non bonificati come la Terra dei fuochi, Valle del Sacco, Val d’Agri, e le falde inquinate del Veneto e del Piemonte da PFAS
- Non c’è un piano per perdita della biodiversità finanziando un programma di investimenti nelle 6 aree strategiche per la riconnessione ecologica del Paese: Alpi, Corridoio Alpi-Appennino, Valle del Po, Appennino Umbro-Marchigiano, Appennino Campano Centrale, Valle del Crati – Pre-Sila Cosentina, realizzando progetti per il risanamento naturale e idrogeologico ed estendere questi inteventi anche alle aree costiere e marine in corrispondenza delle zone a maggiore biodiversità e a maggiore rischio per le pressioni antropiche.
- Nella versione definitiva del PNRR, manca un riferimento esplicito al raggiungimento degli obiettivi delle Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030” indicando la priorità dell’incremento della superficie agricola certificata in agricoltura biologica, lo sviluppo di filiere del “Made in Italy” biologiche e la creazione dei biodistretti, con priorità nelle aree naturali protette, individuando risorse e percorsi condivisi per ridurre l’uso sistematico di fertilizzanti chimici e pesticidi.
Infine, nella sezione riforme mancano obiettivi essenziali tanto cavalcati da tutti:
- Non vi è traccia della legge sul consumo di suolo,
- Non vi è traccia della legge sullo stop alle immatricolazioni delle auto diesel e benzina come già deciso da paesi europei come Francia, Norvegia, Gran Bretagna
Tutte le risorse tagliate, andranno inevitabilmente a finanziare specularmente azioni di segno diametralmente opposto. E’ la transizione, verso il passato.
E’ infine evidente che tutto ciò ci allontana enormemente dagli obiettivi previsti dalla commissione europea di ridurre le emissioni globali di almeno il 55% entro il 2030, così come ci si dovrà aspettare che moltissimi progetti saranno bocciati dalla commissione europea in quanto “distonici” rispetto agli obiettivi europei, facendoci perdere tempo e denaro che pagheranno a caro prezzo i nostri figli e nipoti, su cui il debito sarà comunque caricato.
La Federazione dei Verdi della Lombardia