A elezioni comunali concluse (anche se sono ancora aperti alcuni importanti ballottaggi per il secondo turno del 30 maggio) è possibile aprire una riflessione su uno degli aspetti più significativi emersi dai risultati di domenica 16 maggio. Mi riferisco al riemergere dei Verdi – in alcuni dei principali comuni delle due province autonome di Trento e Bolzano – come una forza politica di particolare rilevanza politica ed elettorale, dopo un periodo in cui sembrava messa in discussione la loro stessa esistenza.
Sia pure con il conclamato dissenso dei Verdi trentini e sudtirolesi, negli ultimi anni a livello nazionale i Verdi si erano sempre più collocati in una sorta di “riserva indiana” dell’estrema sinistra comunista e post-comunista, vedendo progressivamente scomparire i propri caratteri originari di formazione politica trasversale e post-ideologica e rischiando la vera e propria estinzione. Basti ricordare la presentazione, per le elezioni politiche del 2008, nel cartello elettorale della “Sinistra Arcobaleno” egemonizzato da Bertinotti e – “errare humanum est, perseverare diabolicum” – l’ulteriore presentazione alle elezioni europee del 2009 nelle liste di “Sinistra e libertà”, col risultato di scomparire sia dal Parlamento italiano che da quello europeo (nel quale ultimo, invece, i Verdi sono addirittura la quarta forza politica con 57 euro-parlamentari).
Sia in Trentino che in Alto Adige-Südtirol si sono fatte comunque risentire le ricadute negative di questo progressivo snaturamento del carattere originario dei Verdi, a causa delle scelte fallimentari fatte a livello nazionale. E’ questa la ragione per cui i Verdi trentini e sudtirolesi sono stati tra i principali promotori, l’anno scorso, di una battaglia congressuale per impedire la definitiva scomparsa del soggetto politico ecologista dentro a “Sinistra e libertà” e per rilanciare l’identità culturale, aperta e plurale, e l’autonomia politica dei Verdi nella prospettiva di una più vasta Costituente ecologista. Lo scontro congressuale – che si è tenuto nell’ottobre 2009 a Fiuggi – sembrava perso in partenza, e invece alla fine è prevalsa la mozione “Il coraggio di osare”, che ha portato alla elezione di Angelo Bonelli a nuovo presidente nazionale e alla fuoriuscita di coloro che preferivano appartenere ad una formazione comunista e post-comunista anziché ad un soggetto politico autenticamente ecologista.
Dal Congresso di Fiuggi in poi, la posizione dei Verdi trentini e sudtirolesi, da minoritaria che era, è diventata maggioritaria ed è iniziata quella che è stata definita una lunga “traversata del deserto”: riscoprire i caratteri originari del partito/movimento ecologista, la sua dimensione post-ideologica, la sua natura trasversale rispetto all’insieme della società, la sua capacità di rilanciare la priorità ecologista con una visione laica e riformatrice e con una autentica cultura di governo, in grado di intrecciare ecologia ed economia (la tanto conclamata green economy), temi ambientali e questioni eco-sociali, l’ecologia umana e culturale con l’ecologia della politica e delle istituzioni.
Si tratta di un percorso lungo e impegnativo, che deve rapportarsi con la società civile facendosi largo nel frastuono mediatico e spesso nella disattenzione delle altre forze politiche tradizionali, e che deve anche sapersi conquistare un ascolto e una partecipazione da parte dei cittadini, oltre che un rinnovato e poi accresciuto consenso elettorale, se non si vuole rimanere marginali ed emarginati nelle e dalle istituzioni rappresentative e di governo (come purtroppo è già accaduto, con una scelta miope, nella formazione dell’ultima giunta Dellai in Trentino).
Questo è il significato del positivo risultato elettorale del 16 maggio sia in Trentino che in Alto Adige, che è stato appunto il prodotto di lunghi mesi di impegno e di lavoro, di relazioni umane, sociali e politiche, di elaborazioni programmatiche fortemente innovative, di capacità di partecipare a coalizioni vincenti dove se ne erano create le condizioni (basti pensare a Bolzano e a Riva del Garda), ma anche di presentarsi autonomamente quando vecchie logiche di potere e di spartizione rischiavano di compromettere o addirittura di annichilire la presenza ecologista.
Basti pensare a questo riguardo a quanto accaduto a Rovereto e Mori, in Trentino, o a Merano in Alto Adige-Südtirol, dove per la prima volta nella storia ormai pluridecennale dei Verdi-Grüne-Verc questo forte rilancio ecologista ha portato la leader verde Cristina Kury a superare ampiamente (con il 16,6%) sia il Pdl che il Pd-Idv ( e molti altri) e ad andare al ballottaggio in alternativa al sindaco uscente della Svp, Günther Januth. Mentre gli altri risultati nei vari Comuni trentini e sudtirolesi indicano che i Verdi hanno iniziato a percorrere la strada giusta, ma in un cammino che è ancora giustamente lungo e impegnativo, la vicenda meranese non ha nulla da invidiare a quello che è successo con i Grünen tedeschi e austriaci o con “Europe ècologie” di Daniel Cohn-Bendit in Francia, tanto alle elezioni europee quanto alle regionali più recenti. E forse questo evento meriterebbe una maggiore attenzione da parte degli osservatori politici sia a livello locale che a livello nazionale, perché è il segnale di qualcosa di profondo che sta cambiando nella società e che ora comincia ad emergere anche nelle istituzioni.
Il Trentino e l’Alto Adige-Südtirol all’inizio degli anni ’80 sono stati la culla dell’esperienza verde italiana, che dai Grünen tedeschi ed austriaci (nati allora da poco) prendeva ispirazione politica ed alimento culturale. Memorabile ancor oggi (a 15 anni dalla sua tragica morte) resta il ruolo svolto da Alexander Langer a questo proposito, nella storia dell’ecologismo politico italiano ed europeo. Senza alcuna enfasi eccessiva, e sempre con la consapevolezza dei gravi errori culturali e politici che sono stati commessi negli ultimi anni, si può forse dire che dal Trentino e dall’Alto Adige è iniziata una autentica inversione di tendenza, non a caso in una terra dove a volte il vento europeo spira più forte e si fa sentire, nonostante la barriera delle Alpi.
Marco Boato